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Gli alberi hanno il tuo nome
Autore | Alessandro Mari |
Genere | romanzo |
Area | Attività Culturale |
Casa editrice | Feltrinelli |
Anno | 2013 |
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“Le stelle sono ferite, un luminoso ricordo,
ciò che resta dello sguardo che da secoli leviamo quando più non bastiamo a noi stessi”
Il romanzo Gli alberi hanno il tuo nome uscito nel 2013 per Feltrinelli nella collana “I Narratori” è l’ultima fatica di Alessandro Mari, finalista del premio letterario “Un autore per l’Europa”. Nato nel 1980 a Busto Arsizio e impegnato fin da giovanissimo nel mondo dell’editoria, lo scrittore si è imposto all’attenzione del pubblico e della critica con la sua prima opera narrativa, vincitrice del premio Viareggio-Rèpaci, Troppo umana speranza (Feltrinelli, 2011), ambientata nell'Italia risorgimentale. Nel 2012, nella collana digitale “Zoom” dell'editore Feltrinelli, ha pubblicato il romanzo a puntate Banduna; mentre per Feltrinelli "Kids" ha tradotto la Regina delle ombre (2008) di Marcus Sedgwick e Ninevah e i sette (2010) di Caro King. In Gli alberi hanno il tuo nome Alessandro Mari intreccia due vicende in un’unica trama costruita su piani geografici e temporali differenti: da una parte l’Umbria duecentesca, dove è maturata la scelta di povertà e di donazione di Francesco d’Assisi, dall’altra la Milano contemporanea segnata dalla precarietà sociale ed economica. La storia medioevale narra la vicenda di Cesco, figlio primogenito del ricco mercante di stoffe Pietro Bernardone, il quale già godendo di tutti i privilegi della sua condizione si appresta a salire ulteriormente nella gerarchia sociale diventando cavaliere. Ma qualcosa cambia dentro di lui e una crisi profonda si apre nella sua esistenza, per cui ogni cosa che prima aveva un senso ed era ritenuta nobile ora perde di significato. Per il giovane comincia un irto cammino interiore che lo guida gradualmente verso orizzonti di senso inediti, incomprensibili agli altri per la mentalità del tempo, fino a compiere la scelta estrema di spogliarsi di ogni bene materiale, abbandonare la famiglia, tagliare i ponti con il passato, cambiare radicalmente vita e abbracciare la povertà volontaria. Il racconto segue dunque il percorso esistenziale di (Fran)Cesco, con tutte le sue contraddizioni, dalla decisione di abbandonare la vita borghese fino alla sua morte. La storia ambientata a Milano ha per protagonista Rachele, giovane psicologa trentatreenne assunta a termine presso il centro di cura per anziani Terza Giovinezza. Fidanzata con Ilario, esperto di comunicazione e marketing, Rachele andrà incontro ad un forte disincanto quando l’agenzia da lui diretta subirà una denuncia per appropriazione indebita di fondi destinati per progetti non profit, evento che porterà Rachele a mettere in discussione se stessa e tutto ciò che ama. Nel lavoro che svolge Rachele mette passione e impegno, fino a rompere i protocolli per scoprire l’umanità dei suoi pazienti, perché oltre ogni evidenza contraria, Rachele è convinta di poter “salvare” le persone che ha in carico. Ogni incontro si svolge nella ricerca di comprendere “a quale interrogativo l’uomo che le sedeva di fronte desse volto ed espressione”, sapendo che in fondo “ogni parola e ogni silenzio è una cellula della domanda che ciascuno incarna”. Se Ilario cede al compromesso per tenere a galla la normalità, Rachele sceglierà la radicalità del confronto a costo di perdere se stessa. Alessandro Mari sviluppa le due vicende con grande maestria e abilità inserendole in una macro struttura circolare che apre e chiude il romanzo, e facendole correre lungo un sottile filo comune che è la povertà, colta sotto diverse forme e portatrice di esiti differenti nei destini individuali. Troviamo così la povertà volontaria di Cesco come spogliazione e sacrificio, l’indigenza e le miserie dei derelitti rinchiusi nell'Ospedale San Lazzaro, come Marta, la donna con la gobba di fronte alla quale Cesco vince il naturale istinto di repulsione e le riconosce la dignità negata; la povertà degli accattoni che si aggirano per i vecchi quartieri milanesi, come il barbone che non fa che ripetere “Albània, Albània”; la povertà come rimorso che ha portato alla depressione Dante Calone, ospite della casa di cura; la povertà di Rachele stessa che, a differenza di Cesco, non avrà la forza di reggere il peso schiacciante della privazione e dello spoglio di mezzi, di affetti e legami quasi imposti dagli eventi della vita. Gli alberi hanno il tuo nome, opera definita da Gad Lerner un “romanzo francescano laico” è un affresco complessivo della povertà che domanda in primis di essere riconosciuta nelle sue variegate espressioni, di essere elaborata in se stessi e trasformata in strumento di costruzione di umanità, e quindi accolta come condizione di possibilità per un incontro autentico con l’altro, con il mondo e con se stessi. Se pur con esiti diversi, sia Francesco che Rachele hanno speso tutto per un progetto in cui credevano, hanno messo in discussione le apparenti solidità che reggevano le loro esistenze fino all’incontro con l’umanità nascosta dietro alle relazioni. Anche noi lettori siamo quindi invitati a interrogare “ogni parte di cielo perché ci dica ciò che non siamo, né più vogliamo, oppure ciò che finalmente saremo e vorremo” e forse, solo così gli alberi avranno anche il nostro nome. Scarica PDF |