Recensioni
I falò dell’autunno
Autore | Irene Nemirovsky |
Genere | romanzo |
Area | Attività Culturale |
Casa editrice | Adelphi |
Anno | 2014 |
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“Perché questi uomini, che a vent’anni hanno dato la vita per niente,
adesso vendono l’anima per quattro soldi?” Irene Némirovsky è stata riscoperta e resa nota al grande pubblico italiano dalla casa editrice Adelphi, che dal 2005 sta pubblicando tutta la sua produzione letteraria, a cominciare dal romanzo incompiuto Suite francese. Questo volume è uscito in edizione francese nel 2004, vincitore nello stesso anno del Prix Reaudot, premio per la prima volta assegnato postumo. Da allora fu tradotto in trent’otto lingue destando particolare interesse oltre che per la trama ben costruita, anche per la storia della sua pubblicazione. Il manoscritto, infatti, scritto con una minuscola grafia fu conservato per ben sessant’anni in una valigia portata in giro per l’Europa dalle figlie dell’autrice, scampate ai campi di concentramento. Nel 1990 Denise, la figlia maggiore, apre la valigia, trova il manoscritto di cui ignorava il contenuto e comincia un minuzioso lavoro di trascrizione, portando così alla luce un’opera che riconferma il talento narrativo della madre e strappa all’oblio una scrittrice di grande acutezza intellettuale. Irene Némirovsky nasce nel 1903 a Kiev in una famiglia agiata dell’alta borghesia ebraica. Il padre, audace e ambizioso, si fa strada nel complesso mondo della finanza per diventare in breve tempo uno dei più ricchi banchieri della Russia. La madre, Anna Margulis, che amava chiamarsi vezzosamente Fanny, era una donna vanitosa e fredda nei confronti di una figlia percepita spesso come segno del declino della propria femminilità e quindi da “cancellare”. Il perenne conflitto madre-figlia e un’infanzia infelice è infatti il tema centrale in molti romanzi dell’autrice. Con lo scoppio della Rivoluzione del 1917 la famiglia Némirovsky fugge in Finlandia, per rifugiarsi poi a Stoccolma e, infine, approdare nel 1919 in Francia, a Parigi. In un clima familiare in cui si respira solitudine e s’impara a guardare la propria vita come dall’esterno, Irene Némirovsky sviluppa una particolare attitudine all’introspezione e alla creazione artistica, attingendo alla propria esperienza in cui ci sono “abbastanza ricordi per farne un romanzo”. Ed è proprio questa capacità di guardare a distanza con lucidità e limpidezza l’esistenza propria e quella degli altri che rende particolarmente apprezzata la produzione nemirovskyana. Nel 1929, a soli ventisei anni, Irene pubblica il suo capolavoro David Golder (ed. Grasset) accolto molto bene dalla critica del tempo. Prima di dare il testo alle stampe, l’autrice segue un preciso metodo di lavoro reso noto dai suoi biografi, i quali scrivono che «Irène Némirovsky ha spiegato spesso che, prima di iniziare a scrivere, riempiva interi quaderni di dati biografici su ogni singolo personaggio – la fase che lei definiva la “vita anteriore del romanzo”. Poi rileggeva, censurando e commentando, ed esprimendo appassionanti riflessioni sul suo mestiere di scrittrice». Le fonti a cui attinge sono spesso il mondo dell’alta finanza, la famiglia e vari ambienti culturali che l’autrice ha conosciuto da vicino. Per motivi non solo creativi, ma anche economici, Irene Némirovsky pubblica con regolarità romanzi e racconti che accrescono la sua fama, tanto da essere annoverata “fra i massimi autori francesi dell’entre-deux-guerre”. La sua scrittura, come più volte ha sottolineato la critica, lancia un ponte verso il grande romanzo ottocentesco, in particolare quello di Tolstoj, Dostoevskij e Balzac, ma allo stesso tempo mostra una sorprendete capacità di assumere e interpretare con intelligenza le lezioni più sconvolgenti dei primi decenni del Novecento. In vent’anni di produzione letteraria l’autrice scrive tredici romanzi, quattro biografie e una cinquantina di racconti. Anche se fu acclamata in Francia, la Némirovsky non riuscì mai ad ottenere la nazionalità francese. Malgrado, quindi, la notorietà, le buone relazioni e persino la conversione al cristianesimo avvenuta nel 1939, la condizione di straniera apolide rese difficile la sua situazione soprattutto quando l’odio razziale e le vessazioni antisemite si fecero sempre più forti. Irene Némirovsky venne arrestata il 16 luglio 1942 a Issy-l'Evêque in Borgogna, dove di era rifugiata con la famiglia. Il giorno seguente, insieme ad altri ebrei, partì per Auschwitz dove morirà un mese dopo, probabilmente di tifo. Nella vasta produzione letteraria della Némirovsky, spicca per lucidità di analisi e per attualità dei temi messi a fuoco I falò dell’autunno, scritto fra il 1941 e il 1942, pubblicato postumo nel 1957, e uscito in Italia nel 2012 per Adelphi, per la traduzione di Laura Frausin Guarino. Ambientato a Parigi e suddiviso in tre parti, il romanzo copre un arco di tempo che va dal 1914 al 1941 e delinea il processo di degradazione della società francese attraverso la storia della vita di Bernard Jacquelain. Non ancora diciottenne, animato da grandi ideali e ansioso di mostrare il proprio coraggio, il giovane si arruola volontario e parte per il fronte. Dopo quattro anni di guerra torna profondamente cambiato. Godimento senza fine, tradimento, corruzione e soldi facili diventano per il protagonista le parole d’ordine che sostituiscono i valori dell’onestà, della patria, del lavoro, della famiglia; valori che rimangono ancora validi per Thérèse, moglie di Bernard. Ciò che Irene Nemirovsky stigmatizza in questo romanzo è soprattutto l’idolatria del denaro, come effetto perverso della guerra. Ed è la guerra il grande protagonista della storia; essa incide sui destini individuali, modifica la morale e i costumi della società e segna la vita di intere generazioni. Con grande efficacia e perizia l’autrice indaga il groviglio di sensazioni che agitano l’animo umano, lo snodarsi di una guerra che è anche interna all’individuo, dove l’offuscamento della coscienza rende impossibile distinguere il bene dal male, con esiti del tutto drammatici. Con questo romanzo, la Némirovsky si ripromise di “cercare di mettere insieme il maggior numero possibile di cose, di argomenti che possano interessare la gente nel 1952 o nel 2052”. L’attualità dell'opera e la qualità del suo sguardo critico sul mondo sono la prova del successo del suo proposito, nonostante la sua vita sia stata interrotta a soli 39 anni. Scarica PDF |